martedì 16 ottobre 2012

FIFA, CANCELLA LA NOSTRA NAZIONALE


Indignatevi, direbbe Stephane Hessel. Ed è questo che davvero si dovrebbe fare guardando e seguendo le vicende della nostra nazionale che stanno susseguendosi in questi giorni di qualificazioni mondiali. Tutto è cominciato male, malissimo. I primi segnali sono venuti dalle proteste di De Laurentiis per l'allenamento differenziato dei giocatori della Juventus in vista del big match di sabato tra Juventus e Napoli. Ed è proprio questa la pietra d'angolo da cui nasce tutto lo scandalo di questi giorni e che può, e deve, essere ricollegato ad un malessere generale nel confronto della nazionale. Tutte le storie riguardo il “finto” infortunio di Buffon per preservarsi per la prossima partita, sono voci che non meritano nemmeno di essere considerate. La desistenza dei club nel mandare i propri giocatori a vestire le maglie del loro Paese è un altro dei problemi del calcio nostrano. In virtù di queste situazioni, la scelta migliore è allora probabilmente quella di chiedere alla FIFA di cancellare il nostro nome dalle competizioni continentali e mondiali. Sì, perchè se tutto questo marasma è venuto fuori all'ottava giornata di campionato, non voglio neanche immaginare cosa potrebbe succedere a marzo o ad aprile, quando si tirano le somme del campionato. Ma poi, che tristezza passare le estati senza seguire il Mondiale o l'Europeo! Verissimo, ma la Nazionale non esiste solo per quel mese. Per arrivare a quelle competizioni è necessario qualificarsi, cosa che molti non riescono, più probabilmente non vogliono, a capire. Tanto di cappello a Prandelli per come sta gestendo la situazione, a muso duro verso chi insinua voci urticanti nel suo spogliatoio. Queste cose, e torniamo sempre lì (articoli su questo blog riguardo gli stadi e Cellino), non succedono nelle altre nazioni, e sono lo specchio della situazione in cui il paese tutto versa. Allora chiudiamo le frontiere, niente più Nazionale e teniamoci solo il campionato che alcuni millantano anche il più bello del mondo.

Matteo Moca

venerdì 28 settembre 2012

DIAMO I NUMERI - 5a GIORNATA


Milano risorge, il Napoli mette il fiato sul collo alla Juventus, che frena la sua corsa al posto di blocco di Firenze, mentre la Lazio non riesce a confermarsi e la Roma non è ancora quella che Zeman vorrebbe. Diamo...

10 E LODE ALLA GALANTERIA TEDESCA

Napoli-Lazio, 5' minuto del primo tempo. Calcio d'angolo a favore dei biancocelesti, ressa in area, la palla finisce in rete. Ledesma e compagni esultano, Klose no. Il tedesco rimane fermo, vede De Sanctis che si avvicina a lui per chiedere spiegazioni, va dall'arbitro e confessa di aver segnato di mano. Goal annullato, si resta sullo 0 a 0; il Napoli ne farà 3 e vincerà la partita. Quando il significato di “fuoriclasse” trascende la mera applicazione sul campo. Non tarderanno ad arrivare i complimenti di Cannavaro Jr. e di Blatter in persona. C'è chi ha accusato l'ottimo Miroslav di una sorta di populismo calcistico, ma al suo posto in quanti si sarebbero autodenunciati? Chapeau.

9 AL CAVAN-APOLI

Appena sbarcato tra i partenopei, era stato identificato come attaccante veloce, in grado di procurare e procurarsi spazi, ma poco freddo sotto porta. Bene, sono passati due anni e il ragazzo di Salto ha già segnato 72 volte in 101 presenze, guadagnandosi l'appellativo di Matador. Mercoledì, con una tripletta e (capita!) un rigore sbagliato, è tornato l'infallibile catalizzatore e finalizzatore di un Napoli pronto, per gioco e organico, a vestire i panni dell'anti-Juve. Bye bye Lazio, almeno per ora.

8 ALL'AEROPLANINO VIOLA

Dopo la prima mezz'ora della gara del Franchi, ci si aspettava un calo fisico della Fiorentina. Invece i gigliati hanno mantenuto un ritmo sostenutissimo e asfissiante capace di mettere in difficoltà (cosa che non si verificava da un pezzo) la Juventus, che proprio della velocità e dell'organizzazione fa le sue armi più temibili. La qualità non manca di certo, esaltata da una mente lucida e propositiva come quella del sottovalutato Montella; a penalizzare la Viola sono stati un paio di imprecisioni negli ultimi 15 metri (vedi Ljajic). Per completare il decollo ci vorrebbe solo un po' di cinismo in più.

7 AI TESORI DEL FARAONE

Un Milan ancora archeologico nella manovra scopre l'oro di El Shaarawy, capace di risollevare con la sua prima doppietta in rossonero le sorti di una squadra ancora poco convincente, che cerca nei giovani (ottima performance anche di un De Sciglio con personalità da veterano) l'appiglio per uscire dalla crisi di risultati e di motivazioni. Recuperata, almeno in parte, sicurezza e reattività nella fase difensiva, è il centrocampo a non soddisfare appieno, complici anche scelte discutibili dell'allenatore (Traorè titolare è stato quantomeno un azzardo che, infatti, non ha ripagato). Tassotti, al posto dello squalificato Allegri, con la sua sola presenza ha dato nuovamente fiducia al Diavolo: sarà un caso?

6 ALL'INTER DA TRASFERTA

I nerazzurri, dopo la dèbacle interna contro il Siena, tornano a vincere fuori casa, dove hanno ottenuto la totalità dei loro punti in classifica. Verona, in tempi recenti, non è mai stato un campo favorevole alla Beneamata, che questa volta fa il compitino, mantenendo la rete inviolata grazie a un super Handanovic, mentre Cassano parte dalla panchina, entra e risolve, nuovamente, la gara, centrando la rete della sicurezza. Ritrovato/i.

5 ALLA STANCH-JUVE

Stranamente una Juve stanca quella vista contro la Fiorentina. Gli uomini di Conte si limitano a reagire alle scorribande fiorentine, rinunciando a fare la partita anche a causa di un centrocampo (e, soprattutto, Pirlo) palesemente provato dagli impegni ravvicinati, ma riescono a strappare un pareggio, provvidenziale alla luce della vittoria del Napoli. La Vecchia Signora rimane, comunque, la favoritissima.

4 ALL'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL RIGORE

Ogni tanto un'occhiata in stile Sconcerti alle statistiche non guasta: 12 rigori realizzati su 23 occasioni dal dischetto, pochini. Gli ultimi errori sono di Cavani e Borriello, non certo due sprovveduti. Una tendenza preoccupante, soprattutto per i fantallenatori...

3 ALL'AQUILA CHE NON VOLA

Una partenza esplosiva, con 9 punti in tre partite, impreziositi da un gioco sopraffino e tanta concretezza. Poi due sconfitte consecutive contro l'abbordabile Genoa e l'alloro di compagine insidia-Juve perso al San Paolo, sepolto sotto i 3 goal di Cavani. Pacchetto arretrato da rivedere, la Lazio ha tutto il tempo di tornare a vincere e convincere come faceva fino a 2 giornate fa.

2 A ROMA SPRECONA

Un tempo intero in superiorità numerica, confusione e un pareggino contro una Samp ritrovatissima (voto 8). La Roma conferma di trovarsi in difficoltà contro le squadre ben organizzate in difesa e di non avere ancora assimilato in toto il quattrotrètrè zemaniano: pochi movimenti senza palla e tridente in parte bloccato nelle idee e nelle gambe. Unica consolazione Totti (voto 10 all'onoratissima carriera), che segna il suo 216 goal in Serie A alla vigilia del 36esimo compleanno, con tanto di congratulazioni da parte dell'èlite del calcio mondiale (Pelè, Maradona, Ferguson, Perez, etc.). Tempo al tempo, la vera Lupa boema arriverà.

1 AL PALERMO, COLPITO E AFFONDATO

Ci troviamo a parlare ancora dei rosanero. È impossibile ignorare l'involuzione dei siciliani, questa volta riusciti nell'impresa di dare la prima gioia al Pescara che, seppure in crescita, non è di certo squadra irresistibile. Ultimo in classifica, il Palermo si ritrova abbandonato pure da Zamparini, che con un “mi faccio da parte” (sarà vero?) lascia le incombenze di una situazione alquanto grave al nuovo DS Lo Monaco, sostituto di un incolpevole Perinetti. Della serie: “Finchè la barca va, lasciala andare” e se non va... lasciala andare.

0 AI PORTIERI PASTICCIONI

Se lunedì scorso scrivevo lodi agli estremi difensori-salvatori della patria (tra essi solo Pegolo si ripete: voto 8), in questa giornata la tendenza si è completamente invertita. Stekelenburg pasticcia in occasione del goal di Munari, ma l'errore più clamoroso è di Andujar, protagonista di un simpatico omaggio al connazionale dell'Atalanta Moralez, che lo supera e sigla una rete facile facile. Porte girevoli.


Pierfrancesco Trocchi

martedì 25 settembre 2012

10 PARTITE IN CERCA DI AUTORE: MASSIMO CELLINO


Del potere si abusa facilmente”
Giulio Cesare di Shakespeare

Cosa c'entra, direte voi, Giulio Cesare con Cellino? Il personaggio niente, nobile, troppo nobile di spirito rispetto al nostro presidente. La somiglianza “sta” (ed usiamo le virgolette nell'affiancare due simili personaggi), nel modus operandi. Giulio Cesare cresce enormemente di superbia fino a cercare un potere individuale, infischiandosene della Repubblica e del popolo. È il conflitto sempre attuale, tra chi ha potere e chi no, tra autoritarismo e democrazia, tra chi (e torniamo a noi) decide se una partita si gioca o meno. Vediamo un po' cosa è successo domenica 23 settembre. Cagliari-Roma non si è giocata. La decisione è stata presa dal Prefetto dopo una giornata impegnativa: cominciata con la decisione di vietare al pubblico l'impianto di Is Arenas, ancora non agibile; proseguita con l'assurda sfida alle istituzioni del presidente del Cagliari Cellino che ha invitato i tifosi ad andare comunque alla partita; e chiusasi nella notte, appunto, con la decisione della Prefettura di rinviare il match.
Già la decisione di vendere i biglietti prima che l'Is Arena fosse confermata agibile, era un azzardo. Mercoledì sera però lo stadio viene dichiarato inagibile e la partita doveva essere giocata a porte chiuse. Ecco allora il messaggio shock: “La Società Cagliari Calcio, rappresentata dal presidente Massimo Cellino, i tesserati e tutti coloro che lavorano per essa, visto il perdurare della situazione che porta a non vedere più un futuro per via delle difficoltà burocratiche e il disinteresse collettivo delle istituzioni, invita e chiede a tutti i suoi tifosi, titolari di biglietto e abbonamento, di recarsi allo stadio per assistere alla partita Cagliari-Roma nel rispetto dell’ordine e della civiltà. Il Cagliari Calcio e i suoi ingegneri reputano la struttura agibile e sicura. Questo atto, assolutamente pacifico, spinto dal dolore e dalla frustrazione, per difendere il diritto di esistere. Viceversa è giusto prenderne atto”. Firmato: il Presidente Massimo Cellino.
Chiarissime le considerazioni da trarre da questa storia. Cellino, celebre per essere anche un mangia-allenatori (ricordate Donadoni?), come il suo collega Zamparini, dimostra di essere l'ultimo presidente-padrone rimasto ancorato all'idea che “i soldi ce li metto io e il giocattolo lo faccio funzionare come voglio”. Colmo dell'assurdo fu il finale di campionato appena passato con la Juventus che va a vincere lo scudetto in casa del Cagliari. Un unico neo: il Cagliari giocava al Nereo Rocco di Trieste , nella città di Saba e Svevo. E allora va a cadere anche il senso di protezione che Cellino millanta di avere verso i suoi tifosi, spostati in su e giù per l'Italia (per non parlare del prezzo oltraggioso del biglietto per la partita contro la Juve). L'impero da comandare non esiste, gestire acquisti e cessioni, mettere giocatori fuori rosa perchè chiedono di andare via (povero Marchetti) non autorizza a gestire il club con arroganza populista; sì, populista, perchè questi personaggi comportandosi in tale maniera, avrebbero anche la pretesa di difendere gli interessi della gente. Il sospetto però è che Cellino rappresenti tutta una classe imprenditoriale che minaccia di tagliare la produzione, di spostarla dove più conviene, tanto a rimetterci sono sempre quelli dei gradini inferiori. Chiamarli “padroni” può essere un termine vetero-comunista, ma si faccia avanti chi conosce un modo di chiamarli più moderno.

Matteo Moca

lunedì 24 settembre 2012

DIAMO I NUMERI - 4a GIORNATA


Da una Juventus inarrestabile alle milanesi in caduta libera, passando per gli stop delle inseguitrici e la grottesca commedia all'italiana inscenata da Cellino: analizziamo insieme i temi caldi dell'ultima giornata di Serie A.


10 ALLA JUVE “CATCH ME, IF YOU CAN”

Fino a una settimana fa si diceva che i bianconeri non sarebbero riusciti a reggere il doppio impegno campionato-Champions agli alti ritmi che li contraddistinguono da un anno a questa parte: ipotesi zittita prepotentemente. Conte ha gestito con intelligenza e sagacia un turn-over che ha privato il centrocampo del suo oro, schierando contro il Chievo le seconde linee, finalmente all'altezza della situazione (vedi Quagliarella – di cui più sotto - e Pogba). L'impressione è quella di essere di fronte ad un gruppo unito e affamatissimo, dove anche i gregari possono tentare la volata. Le prossime sfide contro Fiorentina e Roma ci diranno tanto sul prosieguo della stagione, perché potrebbe essere già fuga.

9 AGLI SCUGNIZZI RITROVATI QUAGLIARELLA E BORRIELLO

Ovvero quando la Serie A diventa romanzo. La scorsa domenica ci aveva regalato le belle storie di Toni e Gilardino, ieri i ritorni di due giocatori quasi dimenticati. Quagliarella, sul piede di partenza fino all'ultimo giorno di mercato, si è ripreso la Juve con una rete allo Stamford Bridge, rischiando addirittura di portare al trionfo l'italian job con una traversa, poi con una doppietta al Chievo; Borriello ha, invece, sfruttato una delle pochissime palle giocabili per incastonare il goal-vittoria in 90' di dominio laziale, confermando che l'aria di Genova gli fa benissimo. Bella Napoli.

8 AL SIENA COSMI-CO

Passare da sparring partners in occasione di più di uno Scudetto nerazzurro a giustizieri della Beneamata deve aver portato più di un sorriso ai tifosi della Robur. Squadra corta, compatta, ripartenze veloci e opportunismo: riassumendo, il “provincialismo” che tanto non piace a Stramaccioni (ricordate la conferenza post-Torino?). Cosmi, con il suo basco un po' chic e un po' bohemienne, da apolide qual è fa quasi dimenticare i 6 punti di penalizzazione nel porto franco di San Siro, ora terra di nessuno.

7 AI BOLIDI DI EL SHAARAWY E RONCAGLIA

Due conclusioni dai 25 metri di estrema potenza e precisione, entrambe finite sotto l'incrocio alla destra del portiere. Se il Faraone ci aveva abituati a colpi del genere, del tutto nuova è la scoperta delle doti balistiche del burbero difensore fiorentino. I goal più belli di giornata sono loro.

6 AI PORTIERI-COPERTINA

Se Viviano, Mirante e il redivivo Pelizzoli hanno parato un rigore a testa, il senese Pegolo si scopre felino con almeno 3 parate decisive, mentre Gillet è il puntello di una difesa non esattamente irresistibile come quella del Torino. A Bologna si stanno ancora chiedendo chi abbia avuto la brillante idea di sostituirlo con Agliardi...

5 ALL'AZZURRO PLUMBEO

Le inseguitrici, dopo 3 giornate a punteggio pieno, perdono un colpo. La Lazio, nonostante una gara gestita dal primo all'ultimo minuto e ricca di occasioni, rimane vittima dell'unica disattenzione difensiva di Ciani e lascia i tre punti ad un Genoa organizzato e nulla più. Chi ha più demeriti è il Napoli, aiutato dall'espulsione di Alvarez al 2' e comunque incapace di rendersi pericoloso, che l'ispirato Gomez ha rischiato di fare uscire sconfitto dal Massimino. Il turn-over non sempre paga a dovere.

4 ALLA CRONACA ROSA (POCO)-NERO

Via Sannino, dentro Gasperini e l'epilogo è sempre lo stesso. Disposto secondo un 3-4-3 improvvisatissimo, il Palermo perde contro un'Atalanta decisamente poco brillante, rivelando che il problema non concerne né modulo né allenatore, ma motivazioni e qualità (Giorgi?). Vizietti presidenziali.

3 AL NERVOSISMO DI BOATENG E SNEJIDER

Il primo entra al 53', propizia la rete rossonera, prende due gialli e all'82' torna negli spogliatoi. Il secondo, come una domenica fa, non accetta la sostituzione e zittisce il pubblico. “Sapessi com'è strano sentirsi incavolati a Milano”...

2 ALL'INTER-VALLO

Il titoletto potrebbe trarre in inganno, chè non si parla di un'Inter inespugnabile come i profondi fossati – i valli, appunto - scavati dai soldati di qualche secolo fa, bensì di una non-squadra che pare in riposo, in attesa di una delizia dei vari Cassano e Snejider che sblocchi l'empasse nerazzurro. Un Inter-vallo fatale, ora la palla passa a Stramaccioni.

1 ALLA “MILANLOO”

Nemmeno dall'altra parte di Milano se la passano bene, anzi, molto peggio. I primi 10' a Udine avevano fatto pensare che il Milan avesse ritrovato magicamente gioco e motivazioni, con qualche buona sortita in avanti di Emanuelson, El Shaarawy e Pazzini. Poi, il nulla. Gli innumerevoli palloni persi, l'inadeguatezza di alcuni (Mesbah su tutti) e l'effervescenza (nella sua accezione negativa) di altri hanno portato il Diavolo in uno sprofondo rossonero. Zapata, il migliore in campo fino all'espulsione, era in parte riuscito nell'improponibile impresa di dare ordine ed equilibrio ad una difesa confusa e confusionaria, con un Mexes che ha poco del moicano, come suggerirebbe la sua acconciatura. Boateng, con la squadra in inferiorità numerica, illude con qualche giocata delle sue e poi decide che 9 suona meglio di 10 e si fa buttare fuori. Manovra statica, macchinosa, prevedibilissima, di velocità o fantasia nemmeno la traccia. Guidolin, dopo i primissimi scampoli di partita, ha avuto l'umiltà di cambiare modulo per arginare gli attacchi degli avversari: ciò che non ha fatto Allegri, deciso a mantenere un 4-3-1-2 cristallizzato e senza i giusti interpreti. Napoleone.

0 A CELLINO, SPARTACO INCOMPRESO (PER FORTUNA) E INCOMPRENSIBILE

Lo stadio è dichiarato inagibile? Si deve giocare a porte chiuse? Nessun problema, chiama Cellino, spartaco dei presidenti outsiders, e chiedi se è possibile emettere un comunicato di stampo rivoluzionario per intimidire la Federcalcio! Al di là del faceto, la questione è seria, parecchio. E' inaccettabile che il patron di una società si ribelli alle disposizioni della Prefettura, con l'aggravante di essere Consigliere e, dunque, rappresentante della Lega di Serie A, millantando competenze in merito alla sicurezza di una struttura pubblica. L'invito a tesserati e tifosi del Cagliari a prendere posto sugli spalti dell'Is Arenas sa di flash-mob avanguardistico, ma è soltanto l'ultima, ridicola espressione di un'Italietta calcistica raffazzonata nelle gerarchie e nelle infrastrutture. La vicenda, per la cronaca, si è conclusa con un 3-0 a tavolino a favore della Roma: chi di spada ferisce...


Pierfrancesco Trocchi

lunedì 17 settembre 2012


10 PARTITE IN CERCA DI AUTORE: LUCA TONI

Sembrava il finale di una favola. Una di quelle favole che hanno il finale più lieto possibile. Il principe torna e salva la sua bella dal drago, il condottiero riesce a preservare la sua città dall'invasione nemica, tutto ciò che di più bello possa succedere. E così è stato a Firenze, domenica 16 settembre, poco dopo le quattro del pomeriggio. Il quarto uomo, o assistente dell'arbitro come va di moda chiamarlo oggi, alza la sua lavagnetta luminosa. Lì ha digitato quelle due cifre che affondano il cuore viola, 3 e 0; è il suo numero, è il numero di Luca Toni. E così, al 64esimo, il quasi ritrovato Ljaijic si avvicina al bordo campo per fare spazio all'indimenticato Luca. Fa il suo ritorno sul prato che tanto gli ha dato, davanti ai tifosi che ha fatto sognare a suon di gol e non li delude. Lo straordinario Jovetic è a tu per tu con il portiere del Catania ma defilato. Più centrale c'è uno stangone di più di un metro e novanta che si sbraccia, che vuole quel pallone per ricominciare. E il serbo non lo fa aspettare; quello che Toni deve fare è la cosa più semplice del mondo ma che trascende di significato. È il gol della sua rinascita, della riconquista della sua tifoseria che l'aveva visto accasarsi dagli odiati rivali bianconeri, è un regalo per chi non ha al suo fianco. Il Franchi esplode, l'ultima volta era stata contro l'Ascoli nel lontano aprile del 2007. Poi il viaggio in terra crucca a fare impazzire l'Allianz Arena del Bayern Monaco con 39 gol in 60 partite (e la dedica di una canzone che definire folkloristica è dire poco http://www.youtube.com/watch?v=ko8UqPvGJAA), le parentesi, poco convincenti (romana, genovese e poi juventina), la fuga a Dubai negli Emirati Arabi Uniti (scelta altrettanto opinabile). Un sogno lungo 5 anni da cui sembra essersi risvegliato davanti ai tifosi di casa sua che intonano “Alza in aria le mani, e poi falle vibrar, se in campo c'è Toni, non puoi certo sbagliar!” sulle note della hit anni '80 Il Ballo di Simone. E poi quella mano che gira intorno all'orecchio come dire “non se se ci siamo intesi” o per alzare il volume del pubblico, riassume tutta la storia del figliol prodigo che, dopo tanto peregrinare, torna nella sua casa. E il bacio, verso l'alto, con le mani che indicano il cielo per una dedica tutta speciale a chi l'ha visto da lontano.

http://www.youtube.com/watch?v=ducBId5SUpU



Matteo Moca

DIAMO I NUMERI - 3a GIORNATA



Con la 3a giornata del campionato di Serie A, inauguriamo la rubrica “Diamo i numeri”, dove valuteremo, con il tradizionale sistema scolastico, gli episodi salienti del week-end calcistico italiano. Via!

10 A QUELLI CHE... “A VOLTE RITORNANO”

Come si può negare il sommo voto alla coppia Toni-Gilardino? Il primo, reduce da mesi difficilissimi a causa della tragedia che lo ha colpito (la morte del figlio appena nato), ha fatto “venir giù” la Fiesole con un goal semplicissimo, sì, ma denso di significato: Firenze è la sua casa, non sembrava che fossero passati 6 anni dal suo arrivederci ai Viola. “Il Gila”, invece, con una doppietta e un mezzo assist ammazza-Roma ha fatto sembrare quantomeno rivedibili le conclusioni di chi lo dava per finito e confermato che Bologna è la piazza giusta per i bomber in cerca di rilancio (vedi Di Vaio). Forse nemmeno Stephen King avrebbe potuto concepire una trama così azzardata...

9 AGLI UOMINI-SIMBOLO HERNANES E JOVETIC

Il primo è l'espressione più entusiasmante dell'aggressivo 4-5-1 del misconosciuto Petkovic e svolge alla perfezione il ruolo di collante tra attacco e centrocampo, con una media-goal da centravanti (3 in 3 partite) e tanta corsa, come insegna il miglior calcio totale di olandese memoria. Il secondo rappresenta ciò che la Fiorentina ha cercato fino all'ultimo giorno di mercato, ovvero un uomo da 20-25 goal dotato di tecnica e killer instinct: Berbatov chi?

8 ALLE INSEGUITRICI

Se la Juventus è la piùcchefavorita, Lazio e, soprattutto, Napoli non scherzano. In particolare, i partenopei, dopo 2 annate molto convincenti, hanno rafforzato un'autostima che permette loro di proporre il proprio gioco sempre e comunque, il che è presupposto per definirsi una grande squadra. I biancocelesti, invece, si sono distinti per un atteggiamento sempre propositivo, con una linea mediana ricca e variegata che offre diverse soluzioni; c'è da vedere se gli impegni e l'organico garantiranno continuità.

7 ALLA JUVE CORSARA

Esperimento turn-over fallito nel primo tempo, quando la Vecchia Signora rischia di passare addirittura in svantaggio di 2-0, grinta e cinismo nel secondo, con gli ingressi di Vucinic, Asamoah e Lichsteiner, che in 20' cambiano totalmente le sorti della partita. Le storie di molte tra le squadre più vincenti dimostrano come la sofferenza sia parte integrante, quasi imprescindibile del successo, ma Conte dovrà intraprendere un'oculata gestione degli uomini se non vuole rischiare una pericolosa incrinatura degli equilibri ora che c'è anche la Champions.

6 ALLA SAMP D'ORO

9 punti in 3 partite, 8 al netto del punto di penalizzazione: i blucerchiati corrono, segnano e giocano, cosa non comune a una neopromossa, seppur di lusso. Ferrara ha il merito di aver dato ordine a una squadra che meno di un anno fa, complice un mercato repulisti, era scriteriata. Giovani come Obiang e giocatori ritrovati come Eder e Maxi Lopez possono guidare i ciclisti verso una tranquilla salvezza, se non, addirittura, togliersi qualche soddisfazione in più.

5 AI “MAL DI PANCIA” IN CASA INTER

Una settimana fa voci di corridoio (o, meglio, spogliatoio) parlavano di un gruppo storico, capitanato da Zanetti e Cambiasso, stanco della goliardia dell'eterno ragazzo di Bari Vecchia, tacciato di poco impegno; ieri Snejider si infuria dopo la sostituzione proprio con Cassano, suo compagno-rivale di reparto nonché conquilino (abitano nello stesso palazzo). Una vittoria cinica contro un compatto Torino basterà a bagnare le polveri nell'esplosiva casa Inter?

4 ALL'UDINESE “AC”

La squadra di Guidolin, un po' per una forma fisica non strepitosa, un po' per mancanza di qualità dopo i numerosi addii, sembra un neon difettoso: luce brillante nei primi 45', buio pesto nella seconda frazione. Un 2 a 0 letteralmente buttato via, una corrente alternata fatale. Se non ci fosse Basta...

3 ALLA SCHIZOFRENIA ROMANISTA

Zeman ci ha abituati a questo ed altro, soprattutto alle prime giornate, un vero e proprio rodaggio per squadre sottoposte ad un lavoro fisico atipico, ma estremamente fruttifero. Chi critica, generalizzando, la fase difensiva impostata dal boemo, definendola confusa, forse non ha notato i cambiamenti tattici adottati negli ultimi tempi, a partire da Pescara. In occasione delle reti bolognesi, la linea arretrata era ben schierata, in posizione; erano le gambe dei giocatori a non essere più reattive come nel primo tempo. C'è da dire che la Serie A non è “infinita” come la Serie B, quindi i tempi di recupero vanno accelerati, ed è innegabile il calo di tensione latore di 3 goal in meno di mezz'ora, ma è troppo presto per parlare del “solito Zeman”.

2 AL NON-GIOCO DEL MILAN

La partenza di Ibrahimovic ha smascherato le carenze tattiche di un Milan con poca qualità e tante, tantissime incognite. Un gioco raffazzonato, peggiorato dagli individualismi di alcuni (Boateng su tutti), che ha portato due sconfitte in altrettante gare casalinghe, forse il peggiore mai visto in tutta la gestione-Berlusconi. Allegri, al di là della scarsa materia prima, deve farsi qualche domanda in merito a modulo e interpreti, perché la panchina incomincia a scottare parecchio.

1 AL PESCARA IN FORMATO CANTIERE

Certo, non è facile per una neo-promossa sopperire a partenze come quelle di Insigne, Immobile e Verratti, ma Stroppa, forse perché inadatto o ancora inesperto per un grande palcoscenico, non ha dato una minima identità alla sua squadra. Il Pescara è in balia dell'avversario, qualunque esso sia. Se non si definiscono le dinamiche difensive, avere giovani di prospetto come Weiss e il folletto colombiano Quintero potrebbe risultare inutile se non illusorio. Il pubblico dell'Adriatico, dopo le delizie dell'anno passato, meriterebbe di meglio.

0 ALLA MACABRA ABBUFFATA DI ZAMPARINI

41 allenatori diversi dal 1987 ad oggi. Prima al Venezia, poi al Palermo, Zamparini è stato ed è il terrore dei tecnici. Un attimo prima il vulcanico Maurizio predica tranquillità e annuncia una collaborazione serena e duratura, salvo esonerarti senza appello il giorno successivo. Sannino, coach capace e preparato, non aveva colpe, disponendo di una rosa inappropriata per un campionato di alto livello come la Serie A. Personaggi così, in gergo, si chiamano “scarica-barile”.


Pierfrancesco Trocchi

sabato 25 agosto 2012

LA PAURA FA I '90


Si riparte. La Serie A si presenta ai nastri di partenza ferita, impoverita e barcollante. È stata un'estate caldissima, incominciata con la questione “Terza stella”, proseguita con le nuove sentenze riguardo il calcioscommesse e finita (non ancora, mancano 6 giorni alla chiusura del mercato) con partenze e mal di pancia dei campioni. C'è tanta insofferenza, da parte di tutti: calciatori con agenti-strozzini la cui arroganza è corroborata da un'evoluzione in senso tirannico della famosa sentenza Bosman; dirigenti federali supponenti e incompetenti, nostalgicamente ancorati alla convinzione che il fascino di giocare in Italia possa attirare i top-players (“definizione inventata per giocatori che costano troppo”, Zeman dixit) più di una solida intelaiatura economica e strutturale; presidenti bizzosi, dai progetti scorbutici, quasi bipolari, capaci di distruggere un prodotto da sempre di successo come il calcio italiano, che ora rischia, senza slanci apocalittici, di finire alla periferia del pallone europeo. Lo scenario economico impone un'austerity mai vista prima, nemmeno negli anni '70, quando l'autarchia calcistica riuscì comunque a crescere giovani che avrebbero fatto la gioia di una nazione intera nel 1982. Ora la crisi è più di credibilità e di sistema, dovuta alla sufficienza inspiegabile con cui ci si approccia ai problemi laceranti di casa nostra: da Berlusconi a Preziosi, passando per Zamparini, il calcio, paradossalmente, non sembra più una priorità. Il clamore mediatico suscitato dallo scambio Cassano-Pazzini è il sintomo più indicativo di un campionato che ha prepotentemente abbassato le proprie pretese, mentre le partenze di Ibrahimovic e Thiago Silva sono la drammatica dimostrazione di come gli equilibri si stiano inclementemente spostando, in particolare se si considera che la Ligue 1 non è di certo entusiasmante dal punto di vista qualitativo (anche se nel ranking Uefa ci sta vergognosamente sorpassando) e che il PSG ha tre soli anni in più di Javier Zanetti.
Cerchiamo di capire, nonostante tutto, quale Serie A sarà. La Juventus sembra staccare nettamente tutti, forte di un campionato vinto a suon di record e di un mercato senza grandi nomi, ma estremamente oculato, che ha visto gli arrivi di un validissimo ricambio a centrocampo come Asamoah, di un cursore esplosivo come Isla e del cavallo di ritorno Giovinco, chiamato alla consacrazione definitiva. La costruzione dello Juventus Stadium sembra avere innescato un circolo virtuoso che permette alle casse societarie di respirare e alla squadra di avere una vera casa, seguendo lo stile british che tanto ha portato e porta prestigio alla Premier League; un esempio futuribile nel Paese del tempo determinato: verrà seguito? Dietro, tutte le altre. Il Milan è stato letteralmente smantellato dalla “premiata” ditta Galliani-Berlusconi, che sembra avere perso lo smalto dei tempi migliori. Se n'è andata una squadra intera, la spina dorsale di 10 anni di successi in giro per il mondo, comitiva cui si sono aggiunti i già citati Ibrahimovic e Thiago Silva; se per la cessione del primo si sarebbero potuti addurre come motivi il lauto rientro economico e la volontà di dare vitalità ad un gioco bloccato e, alla lunga, noioso, la vendita del secondo è stata miope abdicazione al dio denaro, una pugnalata al cuore dei tifosi. Ora Allegri dovrà lavorare su un gruppo quasi interamente nuovo, voglioso, sì, di riscatto – vedi Montolivo, Pazzini e Boateng -, ma povero di talento e fantasia, con una difesa da rivedere e un centrocampo troppo muscolare per poter proporre “bel giuoco” (cit.): alla società il compito di ridurre i danni nell'ormai proverbiale zona-Galliani del mercato estivo. All'Inter, invece, potere in mano a Stramaccioni, delegato da Moratti alla rigenerazione di una squadra che vive ancora le scorie dell'aura profetica dell'indimenticato Mourinho, che ha lasciato ai successori una terra bruciata assai difficile da coltivare con pazienza. Dunque, via tanti senatori, dall'epurato Julio Cesar al demotivato Lucio (colpo alla Pirlo? Ne dubito), per dare spazio ai giovani: o, almeno, così si sperava, perchè sono arrivati, tra gli altri, Palacio e Mudingay, non certo dei ragazzini. Ora sta al gruppo argentino tenere in ordine uno spogliatoio storicamente esplosivo, sopratutto dopo l'arrivo di un Cassano ritrovato, calmato, certamente, ma che, sappiamo bene, non ama stare troppo in silenzio. A proposito di partenze illustri, il Napoli dovrà fare a meno dell'idolo Lavezzi, variabile impazzita (in senso positivo, s'intenda) dei partenopei negli ultimi 5 anni, ma sembra avere consolidato una squadra che può vantare una spina dorsale di primissimo livello come quella Cannavaro-Hamsik-Cavani, un lusso cui De Laurentiis, bravissimo e coraggioso a rimbalzare offerte incredibili per lo sloveno e l'uruguayano, non vuole rinunciare per cercare di cucirsi sul petto uno Scudetto che manca dai tempi magici di Maradona. Pandev sembra l'adatto erede del Pocho, mentre non è da sottovalutare il folletto Insigne, rivelazione, insieme a Immobile, del Pescara di Zeman. Zeman, appunto: tornato nella Capitale dopo 13 anni, ha portato entusiasmo ad una Roma illusa da “Er Proggetto” della schizofrenica annata di Luis Enrique. Il credo è sempre lo stesso, un 4-3-3 umile, pazzo, a volte ingenuo, dove la fame e il fiato sono tutto, impreziositi da un'elegante sapienza tattica e da una qualità garantita da innesti di prospettiva del calibro di Destro, Tachstidis e Castàn. Giovani su cui vuole e potrà contare anche Guidolin per la sua Udinese, compagine che sfugge incredibilmente a qualsiasi calcolo o previsione riuscendo ad allestire una squadra competitiva ogni anno, nonostante cessioni eccellenti, e candidata ad entrare in Europa, dalla porta più piccola o da quella più grande. Altra candidata è una Fiorentina rinnovata sotto il profilo psicologico e dell'organico, che ha risposto alle perdite importanti di Behrami e Gamberini con gli acquisti di Borja Valero (giocatore spesso sottovalutato) e Rodriguez, svenduti dal Villareal retrocesso in Liga Adelante; il leader è Jovetic, le promesse Nastasic e Cuadrado.
La Serie A riparte da qui, da tanti talenti freschissimi, dai vivai, dalla linea verde intrapresa, bene o male, da tutti i direttori sportivi. Con un minimo di programmazione, senza troppa fretta, il calcio italiano può riprendersi quello che ha colpevolmente perduto, soprattutto con i talenti nati nel o dopo il 1990. Il periodo difficile lo obbliga: perché la paura fa i '90.


Pierfrancesco Trocchi